Istantanee romane

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    Con la polaroid si è costrettia guardare in un mirino, non puoi ampliare lo scatto e poi inquadrare ..velocemente ..c'è da premere un tasto meccanico e ogni foto è unica e costa 3000 lire ... credo possa bastare :-)

    Poi , ad , esempio non credo che il bn imiti qualcosa del passato ,io da sempre sostengo che il colore ha restituito dignitò al bn, ma sono tutti discorsi opinabili ..
     
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    Certo Marco, che io di questioni tecniche non ne sappia una cippa lo riconosco e mi sento a disagio anche a metterci becco.
    Io non volevo dire che il bianco e nero in sé imiti il passato, ma la conversione che si fa del colore in scala di grigi tramite la tecnologia digitale è una sorta di simulazione di qualcosa che prima avveniva in modo più diretto. Chi scattava su pellicola sapeva già di star facendo una fotografia in bianco e nero. O mi sbaglio? (più che possibile... 🤗 )
    Per cui che esista una app che simuli altre procedure e tecniche del passato lo trovo solo un altro modo, interessante o solo divertente, di utilizzare le tecnologie digitali, così come si fa per altre funzioni.
    Però, lo ribadisco, i miei sono discorsi da ignorante cronica in materia :)
     
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    Quando parlavo di tecnica mi riferivo piu all'approccio che il mezzo impone al fotografo, nel caso della polaroid è rilevante , come lo è stato ad esempio l'introduzione del 35mm .

    " Per cui che esista una app che simuli altre procedure e tecniche del passato lo trovo solo un altro modo, interessante o solo divertente, di utilizzare le tecnologie digitali, così come si fa per altre funzioni."
    Non solo puo essere divertente ,ma anche assolutamente lecito e per qualcuno creativo, personalmente non amo questo tipo di simulazioni e in questo caso l'ho trovato un po un limite...ma stiamo parlando di gusto personale , assolutamente opinabile, quindi non sbagli assolutamente se hai un'opinione diversa.
    E' anche nota ( e Giorgiomonoanticorpi lo sa benissimo) la mia avversione per l'uso del cellulare in fotografia :-)

    "..non volevo dire che il bianco e nero in sé imiti il passato, ma la conversione che si fa del colore in scala di grigi tramite la tecnologia digitale è una sorta di simulazione di qualcosa che prima avveniva in modo più diretto.."

    Secondo me è la stessa cosa, anche in passato, prima dell'era del colore il fotografo vedeva a colori ( ma pensava in bn ) , la conversione che oggi avviene elettronicamente allora avveniva chimicamente . L'avvento del colore ha fatto si che il bn divenisse una scelta e non una costrizione, non è più un limite ma uno stimolo creativo. La differenza la fa la consapevolezza e l'intenzione. Ovviamente diventa un processo meno interessante se si scatta senza pensare al bn e si decide la conversione solo dopo aver visionato e la foto e fatto i dovuti confronti.
     
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    Non ho il lessico tecnico idoneo a esprimermi in queste cose.
    Ciò che volevo dire, a parte le intenzioni, è che oggi il digitale simula ciò che prima avveniva in maniera meccanica e materica. Il software non fa altro che simulare dei processi fisici e chimici.
    Secondo me questo avviene per molte funzioni che riguardano la fotografia, per la quale otteniamo (facilmente, impostando semplicemente delle funzioni) degli effetti che prima erano dati dall'utilizzo di tecniche e materiali e processi chimici specifici.
    Per cui credo che, usando il digitale, abbiamo ormai rinunciato (non tutti, certo) alla "genuinità" di quei processi entrando nel campo della simulazione, e questo non solo se si usa una app che imita il funzionamento della polaroid, ma anche per realizzare una fotografia qualsiasi.
    Mi rendo conto, però, che probabilmente il mio ragionamento non tiene conto di molte cose, che mi sono ignote.
     
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    grazie Marco e Marisa!

    volevo solo aggiungere che naturalmente si tratta di un semplice passatempo, niente di più, e spiegare meglio come procedo, più o meno.

    il fatto è che quando sono in giro per cazzeggio e turismo, come in quei giorni a roma, siccome mi piace fotografare ma mi infastidisce l’idea di farmi guidare da “ciò che mi colpisce sul momento in una città diversa” (lo trovo un modo becero di fare foto, il modo perfetto per riprodurre cliché e luoghi comuni, dato che “ciò che colpisce d’istinto” è quasi sempre ciò che inconsciamente riconosciamo e ci fa "salivare" come il cane di pavlov, quindi 9 volte su 10 è un cliché) allora mi invento questi giochini un po’ “vaccariani” consistenti nel darmi un limite esterno, un protocollo operativo con limitazioni volontarie e vedere cosa ne esce. dove il “significato” non è il risultato ma una specie di parodia della fotografia turistica.
    tipo che se sono in treno non fotografo il paesaggio cercando di cogliere bei momenti, ma appoggio il cellulare al vetro e uso una app con cui non si può fare più di una foto ogni 30 secondi (a causa della sua procedura di imitazione della polaroid), il che unito alla velocità produce foto quasi involontarie e sbagliate. Oppure se sono a piedi “metto in scena” quel modo di fotografare che mi infastidisce rendendolo programmatico: stabilisco cioè un inizio percorso e una fine e un numero di foto da fare (questi li chiamo viaggi minimi) e poi scatto a intervalli regolari, oppure stabilisco che posso fotografare solo da determinate distanze o determinati soggetti ecc.

    Ovviamente essendo solo un passatempo finisce che sgarro, o mi dimentico, o inizio in un modo e poi pianto lì ecc, per cui raramente viene qualcosa di sensato.
     
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    Questi "giochini" sono comunque affascinanti, perché mettono insieme casualità e necessità: il massimo di restrizione a livello operativo e il minimo di finalità a livello di risultato, per liberarsi dalla inconscia predisposizione per il luogo comune e lo stereotipo.
    Sicuramente interessante leggere poi quello che viene fuori. Verificare se da questo modo di fare, cioè, può magari accadere che emerga quell'imprevisto, quel dettaglio inatteso che libera la visione dal cliché, mostrando quello che Montale chiamava "il punto morto del mondo, l'anello che non tiene".
    Lo so, ho divagato :). Comunque interessante.
     
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    boh, forse accumulando materiale e trovando un modo sensato di selezionarlo può darsi ne esca qualcosa. non saprei.

    al momento credo prevalga l'elemento ludico. o al limite il senso di esperimento vagamente concettuale, ma direi senza pretese.
     
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    Nei viaggi minimi, però, credo sia interessante darsi anche delle regole sullo spazio oltre che sul tempo, tipo fotografare sempre dritto avanti a sé (o girandosi, o voltandosi a destra, o..... ecc.), non solo a intervalli regolari. Perché la casualità data dalla rigida scansione del tempo non mi pare sufficiente a liberarsi dall'inquadratura verso ciò che colpisce, se si ha la libertà di spaziare con l'obiettivo a 360°.
     
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    i viaggi minimi sono un modo per divertirmi facendo un’autoparodia della foto turistica (perché è quello che sono in quei casi, un turista - o magari un fleneur nel caso stia passeggiando a milano) quindi ci sta che fotografo quello che mi attira, ma dentro una griglia fatta di tempistiche prestabilite e soggetti predeterminati - il flaneur è attirato dallo strano, dall’orrido, dall’inutile, dal reperto, dal rifiuto, dallo scollegato ecc.
     
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    Allora in questo caso, sarà pure un gioco, ma non capisco più. Che senso ha darsi una scansione temporale?
    Capisco la questione della parodia della foto turistica, ma allora perché darsi delle limitazioni? Io invece avevo capito che volevi mettere in crisi la foto turistica utilizzando protocolli esterni.

    Se la prefissata scansione temporale serviva a liberarsi dall'intenzionalità verso l'oggetto e dal suo richiamo inconscio, perché poi ritorni a farti prendere da quel richiamo? O forse ho capito male io.
     
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    la scansione di spazio e tempo prestabiliti (da qui a lì; da quest'ora a quest'altra) e la limitazione nei soggetti sono appunto dei protocolli esterni.
    in quei casi recito il bravo turista che segue il programma precotto - alle 8 basilica, alle 10 museo, alle 13 locale caratteristico ecc, - solo che invece di avere un percorso di luoghi ameni, culturali o spirituali che mi permettano di frequentare da turista le emozioni corrispondenti e di immortalarle con le foto, mi applico all'inutile, all'indifferente, alll'incongruo.

    forse non penso che alla fine sia davvero possibile liberarsi dalle intenzionalità e dai richiami dei cliché, o meglio penso che liberarsene attraverso degli automatismi sia un po' troppo comodo e tutto sommato irrilevante. non che ci abbia pensato troppo sopra prima di adesso, ma forse presentarli, presentare il meccanismo della loro produzione, anche se in modo un po' rovesciato (attraverso un'autoparodia, una recita di cui sono il protagonista), è più interessante che non pensare di liberarsene, che invece mi pare un wishful thinking avanguardistico, un vorrei ma non posso.
     
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    OK, adesso è molto più chiaro e, sotto questa luce, anche più interessante.
     
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    Grazie per le domande Marisa che mi aiutano a chiarirmi le idee. È un gioco ma giustamente va fatto bene :)
     
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    Wow, così mi commuovi :D :D :D
     
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