da quanto emerso dall'osservazione delle stampe, l'atto di fruizione e quello di risposta operano a vari livelli: visivo (colori, forme, composizione), analogico (un cancello aperto-> una camicia aperta; luce ombra, alto basso, ruvido liscio, giovane vecchio, aperto chiuso, ecc ecc) e, sorprendentemente, inconscio (guardando il complesso di un dialogo sul tavolo a volte pare emergere un contenuto emotivo del tutto imprevisto)
Infatti, l'emergere dell'imprevisto, e quindi di elementi inconsci, secondo me, è la cosa più interessante di questi dialoghi. Per cercare di aggirare lo stereotipo, si può fare leva su vari meccanismi di risposta più oggettivi (privilegiare, ad esempio, il criterio puramente formale o cromatico, e non il contenuto). Non ne so abbastanza di teoria della percezione per dire di più.
La cosa interessante (ma va verificata con più sequenze) è che il contenuto imprevisto non riguardava singoli accoppiamenti ma tutto il dialogo, come se i due dialoganti si fossero sintonizzati su un contenuto non manifesto senza saperlo.
Si, l'avevo notato anch'io. Ad esempio, nel dialogo tra Stefania e Giulia, prevale una dimensione intima, di memoria nostalgica della propria infanzia e del rapporto con la madre. È capace di evocare quell'atmosfera. Altri dialoghi hanno atmosfere completamente diverse.
Personalmente, io ho provato ad utilizzare un meccanismo simile alle libere associazioni (la prima cosa che mi viene in mente quando guardo la fotografia del mio interlocutore). Sempre nel tentativo di aggirare l'elaborazione di una visione stereotipata. Ma lo stereotipo agisce anche a livello inconscio. Anzi, una visione critica è una visione più consapevole possibile. Però, in questo caso, ne risente la spontaneità del dialogo. Allora, io credo, si possono avere varie tonalità di dialogo: amichevole, intimo, critico, formale, ecc...
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