|
|
|
Se posso permettermi, trovo che la sequenza delle ultime dieci foto sia bellissima. Nel senso che supera la discontinuità che è insita normalmente in un dialogo (che riguarda sempre due volontà distinte) e realizza invece qualcosa di raro, che viene fuori per qualche strana magia o alchimia.
Le ultime dieci immagini fluttuano tra gli elementi naturali, acqua, aria, terra, radici, piante, fino alla pietra, che forma muri aperti, che non chiudono spazi, ma segnano confini, margini di luoghi marginali, disseminati di spazzatura, di oggetti senza valore. Ed ecco che qui si compie un miracolo. Una insignificante cordicella sul prato, dalla forma ondulata, si trasforma, o meglio, evoca la montagna illuminata dal sole. Dal degrado della discarica di periferia alla bellezza luminosa che acceca, perfetta, sublime, algida, distante, irraggiungibile.
Probabilmente jjjohn ha tenuto presente la forma simile nell'accostamento (corda-montagna), ma questo è uno dei casi in cui la similitudine dà vita a qualcosa di nuovo, che non c'era prima.
E poi l'altro piccolo miracolo, l'ultima fotografia, dove vediamo due gambe che non sono nella posizione solita, quella piantata al suolo, ma capovolte. Le gambe non indicano la terra, ma il cielo, l'utopia lontana di prima. Se ci fosse stato un braccio, una mano, rivolti verso l'azzurro celeste sarebbe stato banale. Qui sono due gambe. Una prospettiva completamente diversa. Un mondo rovesciato. E per questo bellissimo. Quasi a dire che solo capovolgendo la prospettiva si trova la strada verso il cielo, l'ideale, il sogno (la sequenza iniziava con il crollo del cielo: volta celeste - volta della chiesa).
Un inizio e una fine che si tengono insieme, come ha già scritto Emma nel suo testo conclusivo. Davvero bravi. La parte finale, a mio avviso, è pura poesia.
Edited by samirama70 - 29/3/2018, 22:07
|
|
.
