Mappa concettuale per la lettura dei libri (in sviluppo)

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    metto qui per necessità future la sintesi della discussione precedente con un cappello introduttivo.
    Il testo è presente come file "mappa concettuale.rtf" nel dropbox del baretto all'indirizzo www.dropbox.com/s/3tkx4nvihurr206/...ttuale.rtf?dl=0


    ***

    Una mappa per orientarsi dentro i libri fotografici

    Come si guardano i libri di fotografia? Come si capisce cosa sta succedendo li dentro? Ci sono molti buoni libri didattici che insegnano a farlo. Il Baretto, lavorando assieme e guardandone molti, ha sviluppato un proprio metodo che può essere forse utile anche ad altri.
    L’intenzione di questo metodo è quello di orientarsi dentro il mare della fotografa contemporanea cercando di capirci qualcosa e per far questo occorre avere una mappa. Costruire una mappa della fotografia contemporanea non è un modo per riempirsi la mente di generi o di astrazioni, è invece un tentativo di capire cosa fa l’autore e in che modo lo fa, e come funziona l’opera. Per farlo, il nostro metodo non è di dividere la fotografia per tipologie di soggetti (ritratti, paesaggio ecc) o per correnti (reportage, fotografia concettuale, street ecc),ma è di considerare i vari piani di cui si compone una serie fotografica o anche una singola foto, dentro un modus operandi dell’autore.
    Il problema maggiore infatti, tra quelli che noi abbiamo incontrato sfogliando libri e cercando di capirci qualcosa, è di confondere i piani e costruire insiemi incoerenti, che poi non tornano mai. Se ciò che ci colpisce di un’opera e che usiamo come criterio una volta è l’intenzione, un’altra è il medium di destinazione e un’altra è il soggetto e così via, accade come nel famoso racconto di Borges: «Gli animali si dividono in: a) appartenenti all’Imperatore; b) imbalsamati; c) addomesticati; d) maialini da latte; e) sirene; f) favolosi; g) cani in libertà; h) inclusi nella presente classificazione; i) che si agitano follemente; j) innumerevoli; k) disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello; l) et coetera; m) che fanno l’amore; n) che da lontano sembrano mosche».
    Una catalogazione di questo tipo non è molto utile per aiutare chi vuole capire qualcosa. Un’analisi per piani invece può esserlo.

    Obiezione: ma così non si resta chiusi dentro gabbie intellettuali che ci impediscono di fruire liberamente della fotografia, e non è sbagliato incasellare ogni foto in un genere? Occorre chiarire che una mappa di lettura va usata e poi buttata, quando si guarda un libro fotografico. I livelli di analisi sono astrazioni, spesso nei libri ci sono sfumature più sottili o contaminazioni, ma la mappa serve come guida per orientarsi, non va sostituita agli oggetti che descrive.
    Non è quindi un processo riduttivo, ma serve per andare oltre la semplice percezione intuitiva, che resta sempre molto vaga e indefinita, fornendo parametri funzionali non a chiudere, ma ad aprire una modalità di relazione e di fruizione del progetto. È vero che l’arte si caratterizza anche (almeno dal Moderno) come sovversione dei generi. Ma sempre si parte - ci si forma, si impara - dai generi. Avere un’idea delle macro-somiglianze, senza pretendere di risolvere tutto, permette di orientarsi soprattutto nei problemi: i problemi che si pone chi vuole testimoniare sono infatti diversi da quelli di chi vuole raccontare, o vuole analizzare, o vuole esprimere, o vuole estetizzare ecc. Costruire un’opera non è solo rispettare dei paletti; ma è anche vero che nessuno agisce nel vuoto, deve misurarsi con i modi, le forme usate nel suo tempo e anche prendere posizione verso di esse. Ma conoscendole bene.


    LA MAPPA

    • INTENZIONE / FINALITA’ (Cosa intende fare l’autore)
    - documentare (nel senso di voler conoscere, indagare, chiarificare, comunicare informazioni) (su società/storia/tecnica, natura, se stessi, ecc)
    - raccontare (nel senso di inventare storie, narrare, simboleggiare, suggestionare)
    - testimoniare e ricordare (fotografia di relazione)
    - coinvolgere in un’operazione (fotografia riflessiva, artistica, sociale ecc) (fotografia pubblica)
    - riflettere sulle immagini e sui linguaggi (fotografia autoriflessiva)

    • LINGUAGGIO (uso coerente di stilemi)
    - descrittivo (esaustività)
    - astratto/sperimentale (non appaiono referenti)
    - lirico/simbolico (allusività, uso di simbologia, uso di figure retoriche)
    - narrativo
    - concettuale (?)

    MONTAGGIO (costruzione della sequenza)
    - seriale
    - narrativo
    - analogico
    - cronologico
    - mimetico (imita un format o un oggetto mediale preesistente)

    • MODALITA’ DI PRELIEVO (come è ottenuta l'immagine)
    - diretto
    - costruito/manipolato
    - automatico
    - per appropriazione
    - immagine artificiale

    • SOGGETTO (cosa viene fotografato)
    - territorio
    - corpo
    - oggetti
    - natura
    - persone
    - archivi

    TONO (la postura comunicativa)
    - ironico
    - drammatico
    - patetico (da pathos)
    - scientifico
    - contemplativo

    • TEMA (per tipologia)
    - filosofico
    - storico
    - autobiografico
    - politico
    - poetico
    - sociale


    Esempi pratici

    Paolo Ventura, short stories: www.paoloventura.com/short-stories-2012-2015
    intezione: racconta;
    linguaggio: narrativo/lirico;
    montaggio: narrativo
    prelievo: costruzione
    soggetto: persone
    tono: ironico
    tema: poetico/filosofico

    Paolo Ciregia, Perestroika, www.paolociregia.eu/perestrojka.html
    intenzione; documenta (guerre in ucraina);
    linguaggio: concettuale;
    prelievo: appropriazione-manipolazione;
    montaggio: ?
    soggetto: foto d’archivio
    tono: drammatico
    tema: storico/politico

    Henk Wildschut, Rooted, www.henkwildschut.com/home/rooted/
    intenzione; documenta (condizioni di vita nei campi profughi);
    linguaggio: descrittivo;
    prelievo: diretto;
    montaggio: ?
    soggetto: natura (piante e fiori nei campi profughi in medio oriente);
    tono: patetico
    tema: sociale/politico


    /////// da rivedere ///////


    Alba Zari, The Y, https://albazari.info/The-Y
    documenta (se stessa);
    linguaggio: narrativo/concettuale;
    il prelievo è diretto/per appropriazione/costruito/artificiale;
    il soggetto è corpo/persone/archivi

    Jessica Raimondi, pt, www.jessicaraimondi.it/pt-p12306
    documenta (se stessa);
    il linguaggio è lirico;
    il prelievo è diretto;
    il soggetto è corpo/oggetti/natura

    Rinko Kawauchi, Utatane, www.micamera.com/prodotto/utatane-rinko-kawauchi/
    racconta;
    il inguaggio è lirico;
    il prelievo è diretto;
    il soggetto è oggetti/persone/corpo

    Santolo Felaco, Caput mundi, www.santolofelaco.com/portfolio/caput-mundi-book/
    documenta (Roma);
    il linguaggio è lirico;
    il prelievo è diretto;
    il soggetto è persone/territorio/oggetti/natura/corpo

    Michael Wolf, Honk Hong Flora, http://photomichaelwolf.com/#hong-kong-flora
    documenta (condizione di vita in una megalopoli);
    il linguaggio è concettuale;
    il prelievo è diretto;
    il soggetto sono piante e fiori nei vicoli di Hong Kong;
    il tema è sociale



    Stephen Gill, Talking to Ants, www.nobodybooks.com/product/talking-to-ants
    Racconta (East London);
    il linguaggio è lirico/concettuale;
    il prelievo è diretto-per manipolazione;
    i soggetti sono oggetti inseriti nella fotocamera e i quartieri di Londra;
    il tema è poetico

    Alec Soth, Sleeping by the Mississipi, https://alecsoth.com/photography/projects/...the-mississippi.
    Documenta;
    il linguaggio è narrativo;
    il prelievo è diretto;
    i soggetti sono il territorio e le persone che lo abitano;
    il tema è poetico

    Gregory Halpern, Zzyzx, www.gregoryhalpern.com/zzyzx.html.
    Racconta;
    il linguaggio è lirico/simbolico;
    il prelievo è diretto;
    i soggetti sono oggetti, persone, corpi, natura;
    il tema è filosofico

    Emanuele Camerini, Notes for a silent man
    documenta (se stesso)
    Tema: autobiografico (rapporto con il padre)
    il linguaggio è lirico
    il montaggio è narrativo
    la modalità di prelievo è diretta/per appropriazione
    il soggetto: natura persone corpo
    il tono: patetico


    Appunti di lavoro dalla discussione interna

    La cosa delicata ma interessante è la distinzione documentare/raccontare:
    Soth documenta, Kawauchi racconta. Il primo è interessato a mostrati la gente del Mississipi, a indagarla, vuole conoscerla e chiarirne i lati oscuri, anche se lo fa con un linguaggio lirico, non descrittivo. La seconda vuole portarti via da questo spazio e questo tempo, suggestionarti, portarti in un mondo di concetti e simboli, raccontarti una favola (e lo fa ugualmente con un linguaggio lirico).
    Alec Soth documenta, non racconta. Il suo lavoro è nel solco del reportage. Il linguaggio con cui lo fa può essere narrativo, o narrativo/descrittivo, ma l’intento è farti vedere bene una realtà, non inventarne un’altra. Siamo ancora nel territorio di The americans, che è un lavoro ancora documentario. L'equivoco sta nella errata relazione documentario = veritiero e oggettivo, per cui se c'è interpretazione soggettiva allora non sarebbe più documentario. Ma non è così. Documentare è sempre (e consapevolmente da Walker Evans) anche interpretare partendo da proprie idee e intenzioni. Parliamo di realismo espressivo o anche lirico come forma d'arte, non di una docunentazione scientifica (ammesso che esista).

    Invece Zzyzx è vicino a Utatane. È prelievo diretto, i soggetti sono oggetti, persone, corpi, natura ecc, il linguaggio è lirico, ma non sta mostrando allo scopo di indagare, comprendere, chiarificare *una realtà specifica* (esterna, interna, sociale, territoriale, storica, politica, tecnologica ecc ecc). Vuole probabilmente evocare, lavora su stereotipi simbolici, il tema è (sembra) quasi filosofico. Quando il tema è così vasto, o vago, o profondo, è difficile forzare le regole del reportage, anche del post-reportage, per farcelo entrare. Forse l’intenzione “raccontare” non è precisa, ma è comunque è più calzante di “documentare”, per questo libro.

    Alcuni equivoci di attribuzione dei post-reportage nascono dal fatto che siamo un po’ fuorviati dal modo di dire: “«Lautore racconta la vita delle persone che abitano in quel posto»; ma dal punto di vista dell’intenzione non è un racconto, è una documentazione: una realtà viene presentata (presentificata) da vari punti di vista (questo fa la fotografia). Si usa “raccontare” mutuandolo dalla letteratura, dove però ha un significato del tutto diverso: là non è la resa di una situazione statica, ma la descrizione di un intreccio che si sviluppa nel tempo con personaggi, scene, nuclei drammatici, sviluppo ecc.

    Iin letteratura il racconto è il dipanarsi nel tempo di un problema che viene suddiviso nei suoi aspetti tra vari personaggi, dalla sua manifestazione al suo picco fino alla catarsi - fabula e intreccio sono espedienti “metaforici” per questo dipanarsi e svilupparsi di un tema; è pur vero che le cose si confondono nel realismo ottocentesco borghese, dove questo nucleo di azioni rituali che deriva dal romance e prima ancora dall’epica tradizionale viene sovrainterpretato da interessi descrittivi. Ecco perché è possibile oggi equivocare dicendo che un reportage fotografico - che come forma deriva da quei modelli di realismo letterario applicati alle immagini fotografiche - “racconta”, quando in realtà “descrive”)

    In fotografia per esserci racconto (a livello di intenzione) bisogna spostarsi dalla documentazione ed entrare nella finzione (vedi modelli come Duane Michals o Ventura).
    Diversa è la questione dal punto di vista del linguaggio: qui una documentazione può anche usare un linguaggio lirico.
    Qualcuno potrebbe obiettare che la descrizione cerca di essere imparziale (ad esempio Sander o i Becher), mentre il racconto esprime una visione più personale (esempio The Americans di Frank). Sander o i Becher avrebbero realizzato una specie di catalogo, mentre Frank avrebbe scritto un romanzo stile beat generation. Secondo la classificazione proposta in questa mappa, invece, tutti questi progetti rientrano, pur nelle loro diversità, nella tipologia “documentazione”.

    Cosa non va infatti in questa obiezione?
    Un testo fotografico racconta quando crea un mondo, con una propria temporalità, che non è necessariamente lineare. Può essere anche un susseguirsi di frammenti, uno scintillio di connessioni visive come in Kawauchi: la temporalità che si crea nei suoi libri è fatta di eco visive che si ripetono, di connessioni formali. Anche in The Americans ci sono eco visive e connessioni formali, ma è sempre chiaro, sfogliando quel testo, che si fa riferimento a una realtà esterna ben precisa, e cioè la società americana. Nel documento è chiaro il rimando al referente. Anzi, quel rimando è indissolubile dal significato del testo. L’immagine non si completa in sé o nella sequenza con le altre, ma rimanda all’oggetto di cui è testimone visiva. Viceversa, in Utatane (di Kawauchi), le immagini, e soprattutto il loro affiancamento e le eco visive che si ripetono, creano un mondo interno, suggestivo, onirico. Il referente rimane nell’ombra, in uno sfondo che c’è, ma che non emerge fino in fondo e non si impone.

    Un’altra riflessione che nasce da questo modello riguarda la fotografia riflessiva (metafotografia), cioè la fotografia che opera un doppio movimento: prima sposta il suo interesse dal referente al medium, poi da questo lo sposta di nuovo al referente, ma considerato stavolta non come “oggetto che sta là “ (eventualmente da catturare con la fotografia, ma che sempre sfugge perché la fotografia letteralmente restituisce ombre), ma come prodotto, e nelle sue implicazioni di tessitura con le operazioni del medium e del soggetto indagatore. Tale fotografia, in questo modello, occupa un posto coerente con l’intenzione documentaria, cioe si differenzia non per una diversa intenzione o natura, ma per l’introduzione di una novità di linguaggio (concettuale), novità che è ancora da indagare ma che possiamo individuare nell’uso dell’analogia.

    Pensiamo a Calabrese che in A Failed Entertainment impilando le fotografie sposta l’attenzione dai referenti delle foto alla produzione/fruizione delle immagini nella rete (per differenza da altre modalità storiche di fruizione) e quindi di nuovo a noi stessi come civiltà che si struttura intorno ai nuovi codici della rete, fornendo di tale condizione un’esplorazione artistica di prim’ordine.
    O a Beorchia che in Tra cielo e terra ritagliando le fotografie nella forma delle edicole votive trasforma una veduta di paesaggio in una riflessione sulle forme del vedere il paesaggio e di conseguenza sulle forme dell’essere come portato storico (noi+paesaggio in quanto intreccio o chiasma), capace di articolare mondi percettivi e operativi diversi nel corso del tempo.

    In questi casi è evidente un interesse fortemente indagativo, che tuttavia non usa più la fiducia nella capacità testimoniale dell’uso diretto del mezzo fotografico, ma usa la fotografia come materiale per operare interventi guidati da analogie concettuali e visive per ottenere una documentazione fotografica di tipo secondo e non immediato. In tale risultato soggetto e oggetto sono compresenti e viene mostrato in un solo colpo “come si fa di noi e cosa facciamo di noi stessi”. La funzione finestra e la funzione specchio della fotografia, ciò per cui si dice che “metaforicamente” o “nascostamente” ogni foto è un autoritratto in forma d’altro, o che la macchina registra ciò che ha davanti e ciò che ha dietro nello stesso tempo, qui viene esibito, mostrato in atto, in un’unica immagine in cui i due lati sono presenti dal vivo, non in metafora. Immagini chiasmatiche, secondo la terminologia di Merlau-Ponty. Questo è anche un modo per comprendere l’affermazione secondo cui, da metà del secolo scorso, il punto non è più chiedersi se la fotografia può essere arte, ma in che modo l’arte è diventata fotografica (attraverso il ready made, cioè il documento).

    Edited by bigeorg - 9/11/2021, 09:09
     
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